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Da Libro bianco.

Cacciari, Vattimo, Galimberti sotto l’ombrello del maestro (per assicurarsi la celebrità)

Il Giorno, 22 marzo 1994


Armando Plebe


Finirà come con gli spaghetti e la pizza: le guide turistiche elencheranno, accanto alle specialità del Bel Paese, anche la presenza della setta dei devoti di Heidegger, implacabili Vestali di un culto che rifiuta di estinguersi. La schiera comprende addirittura esponenti della sinistra politica, sia a livello di pubbliche istituzioni come il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, sia a livello di opinionisti come Gianni Vattimo. Ma non mancano gli adepti alla Confindustria, come il collaboratore del «Sole 24 Ore» Umberto Galimberti. Sul fatto in questione suscitò scandalo soprattutto Cacciari, all'epoca del «caso», sette anni fa, allorché, presentando sul «Tempo» Heidegger come una sorta di divinità superiore ai comuni mortali, se la prese con quegli accademici che «osano spargere su simili tragedie la melassa del loro senso comune». Ma perché proprio in Italia, nel Paese del sole e degli aranci, doveva annidarsi la schiera dei fedeli seguaci di quel filosofo che considera la vita null'altro che un'anticipazione della morte? La spiegazione risale proprio alla storia della filosofia italiana del nostro secolo. Per i primi cinquant'anni del Novecento la filosofia italiana fu dominata dal neoidealismo di Croce e Gentile, che era una filosofia del successo pratico, secondo cui un'azione la si valuta in base ai suoi risultati. Era un pensiero concepito come se al mondo tutte le persone fossero sane, belle, fortunate. Leopardi e Otello non avrebbero mai potuto essere crociani... E, come spesso succede, quando un estremo tramonta provoca il sorgere dell'estremo opposto. Era già accaduto nel mondo antico, negli anni di Alessandro Magno. Fioriva allora a Cirene una scuola filosofica, detta «edonistica», per cui la vita era soprattutto, o soltanto, piacere. E tutto il mondo intellettuale rimase colpito quando apprese che proprio da quella setta di inguaribili ottimisti era sorto il filosofo più pessimista dell'antichità, Egesia, detto «il persuasor di morte» perché invitava i suoi lettori a suicidarsi. In maniera analoga il cosiddetto «pensiero debole» di Vattimo può considerarsi un nipotino di Benedetto Croce. Ma il successo italiano di Heidegger è dovuto soprattutto alla maniera con cui gli italiani si sono, in genere, avvicinati alle sue opere. Un interprete di Heidegger, che però non fa parte dei suoi adoratori, Pietro Emanuele, ha definito «approccio retorico» quella maniera di leggerlo. Non v'è dubbio che questo è proprio il modo con cui Heidegger sperava di essere letto, cioè come un devoto ascolto delle parole del profeta, ma solo in Italia quel suo desiderio è stato tanto abbondantemente esaudito. Ciò rientra nel carattere istintivo degli italiani, che spesso considerano la filosofia come una sorta di super-retorica. E un filosofo divinizzato è proprio quello di cui va in cerca quel tipo di filosofia italiana che è da sempre ebbra di formule magiche, anche se talora sono solo formule a effetto. Con ciò non si vuol negare che Heidegger, con la sua filosofia «ebbra», eserciti un grande fascino sugli studenti delle università italiane, e che questo fascino ottenga anche l'effetto positivo di spingere i giovani alla filosofia. Forse almeno un quinto delle tesi di laurea nelle facoltà italiane dl filosofia si svolge su temi heideggeriani. Ed è una frase ingenerosa quella di chi volle affermare che Heidegger è il filosofo che piace ai preti e alle donne. Indubbiamente la filosofia cattolica, soprattutto quella della sinistra cattolica, sono decenni che si allatta al seno di Heidegger. Ma talora non è un male: il tardo romanticismo heideggeriano può costituire un buon antidoto contro l'eccessiva scientificizzazione del pensiero. E questo, nell'età dei computer, non è un vantaggio trascurabile. Purtroppo v'è anche un aspetto poco nobile dello zelo heideggeriano di certi filosofi italiani. Cioè non v'è dubbio che una filosofia dai forti toni messianici, come quella di Heidegger, incoraggi il divismo filosofico, e questo incoraggiamento in una corporazione di presuntuosi quale è spesso il mondo intellettuale italiano è tutt'altro che sgradito. Per alcuni nostri filosofi, dal pensiero molto esiguo, il porsi all'ombra di Heidegger ha significato prenotarsi per la celebrità. La loro caricatura è la nota battuta di Woody Allen: «Professore, come vanno le cose in filosofia? Malissimo! Aristotele è morto, Hegel pure e io mi sento poco bene».



Voci utilizzate nell'articolo

Essere per la morte

Fascinazione


Metodi applicati

Il giardino di casa


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