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Da Libro bianco.

Deluso da Sarkozy, punta il dito su Heidegger

Glucksmann canta il de profundis allo spirito europeo


L’Occidentale 23 Ottobre 2010

http://www.loccidentale.it/articolo/l'europa+nichilista+che+si+%C3%A8+arresa+alle+dittature.0097530


Intervista ad André Glucksmann di Stefano Magni

Sostenitore del presidente Nicolas Sarkozy nel 2007, quando l’ex ministro degli Interni si diceva vicino alla causa dei diritti umani, il filosofo francese André Glucksmann non ha mai cambiato le sue idee. E per questo, oggi, non sostiene più Sarkozy, che invece trova “profondamente mutato”. “Il presidente sta vendendo navi d’assalto anfibio alla Russia” – ci spiega il filosofo – “E stiamo parlando di vendere armi a uno Stato che ha ucciso 200mila ceceni su una popolazione di 1 milione. Non è un dettaglio. E’ veramente grave. Oggi Sarkozy è cambiato profondamente, non solo nei confronti della Russia, ma anche con i rom”.

Settantadue anni, ex militante maoista nel ’68, Glucksmann è oggi uno dei più vivaci sostenitori della causa dei diritti umani. E sempre in prima linea nel contestare una politica europea troppo lassista sui suoi stessi principi di democrazia e libertà individuale. Benché filosofo, la sua è una vita di lotta. E si vede. Quando risponde si scalda e alza spesso i toni, si sente punto, sul piano personale, da dibattiti che molti analisti possono trattare con freddezza. La causa per i diritti umani è viscerale, coinvolgente, totalizzante. E comporta un confronto continuo con molti nemici: i dittatori, gli intellettuali al loro servizio, governi democratici indifferenti, politologi “realisti” che vantano il loro cinismo come la maggior saggezza. Tutti costoro sono accomunati da Glucksmann sotto il segno della filosofia di Martin Heidegger, il filosofo nichilista che accettò il potere del nazionalsocialismo e non se ne pentì. Morì nel suo letto, dopo una vita di successo. Al suo opposto pone Socrate, padre del pensiero occidentale. Che lottò contro tutti i dogmi. E dovette suicidarsi. Sono “socratici”, per Glucksmann, i dissidenti, i combattenti per la libertà, nell’Est europeo, così come in Cina. Sono queste, quella di Heidegger e quella di Socrate, “Le due vie della filosofia”, titolo dell’ultima opera di Glucksmann (edita da Spirali). Un saggio che rappresenta “un testamento intellettuale” del filosofo francese.

André Glucksmann, Lei ha lamentato una politica francese poco attenta ai diritti umani, soprattutto nei confronti della Russia. Ma c’è un Paese europeo che non segua, nei confronti del colosso orientale, lo stesso tipo di politica?

Sì, tutti i Paesi baltici, per esempio. Perché loro conoscono, sulla loro pelle, il regime di dittatura che i russi hanno mantenuto. Per quanto riguarda le altre élite europee occidentali, domina, fondamentalmente, un atteggiamento di disinteresse per i problemi altrui. Non fanno niente per i popoli sottomessi alle dittature. Il disinteresse è la più grande tendenza unificante delle élite, sia quelle che erano marxiste, sia quelle di destra, sia per i giovani estremisti. Si pratica l’heideggerismo, dunque il riconoscimento nichilista del diritto del più forte. E’ contro questa tendenza che ho scritto il mio libro. Perché credo che il pensiero di Heidegger sia all’origine di questa impotenza, di questo immobilismo, di questa accettazione del male.

Anche negli Stati Uniti abbiamo ora un presidente, Barack Obama, che si è fatto eleggere sull’onda di slogan sulla difesa dei diritti umani. A due anni, che bilancio possiamo tracciare del suo operato?

Io non sono americano e non sono responsabile di quel che il presidente degli Stati Uniti sta facendo. Ci sono delle sue politiche che approvo, come la riforma della sanità. Ma non ho alcuna opinione della sua politica estera. Perché non c’è una politica estera di Obama. Le sue sono soltanto parole, non azioni.

Secondo Lei, la filosofia di Heidegger rappresenta bene lo spirito di questi anni?

E’ lo spirito dominante nelle élite. Ma noi vediamo che esiste ancora un forte socratismo, che, attraverso l’azione della dissidenza ha trasformato enormemente il volto dell’Europa. Solo nella metà del secolo scorso avevamo un’Europa occidentale ancora parzialmente dominata dal fascismo: in Portogallo, Spagna e Grecia. E tutto l’Est europeo era sottomesso dall’impero sovietico. L’Europa, interamente democratica, dei giorni nostri, è dunque frutto di una rivoluzione gigantesca, che non può essere sottovalutata.

Oggi però le ultime rivoluzioni, in Ucraina e Georgia, sembrano finite, non crede? L’Ucraina è in piena “restaurazione” e la Georgia è quantomeno instabile…

Sono due situazioni diverse, finite diversamente. Non è una tendenza. C’è una restaurazione pro-russa in Ucraina, perché noi europei non li abbiamo aiutati. Gli ucraini ci avevano chiesto continuamente di essere ammessi nell’Ue e nella Nato. C’è una situazione instabile in Georgia perché i russi vogliono rovesciare Saakashvili. Che è, a tutti gli effetti, un democratico e ha lottato contro la corruzione, è stato scelto democraticamente in elezioni che sono state dichiarate libere e trasparenti sia dagli osservatori europei che da quelli americani. Quindi non c’è un’inversione della tendenza popolare. C’è solo il tentativo, da parte della Russia, di rovesciare la democrazia. Un colpo che le è riuscito in Ucraina e che tenta continuamente di fare ai danni della Georgia. La Russia non vuole rivoluzioni democratiche. Stiamo parlando, comunque, della Russia di Putin e di Medvedev. Non certo quella di altri russi, come Anna Politkovskaja, che era mia amica, assassinata assieme a molti altri dissidenti.

Ma oggi questa dissidenza, abbandonata dall’Ovest e repressa dall’Est, ha ancora qualche chance di successo?

La storia del dissenso nell’Est europeo è piena di sconfitte. Dalla ribellione operaia di Berlino nel 1953 alla caduta del muro di Berlino nel 1989 abbiamo una lunga sequenza di rivoluzioni sconfitte: Berlino, appunto, ma anche Budapest, Praga, Varsavia, Tienanmen. Ma, sconfitta dopo sconfitta, abbiamo assistito ad una vittoria strategica, in tutta l’Europa. Questa rivoluzione continua. Continua anche in Cina, con la consegna del Premio Nobel per la Pace a Liu Xiaobo, l’ispiratore di Charta 08, un manifesto per la democrazia ispirato a Charta 77 di Vaclav Havel e dei dissidenti cecoslovacchi. Il movimento che ha trasformato l’Europa, dunque, viene ereditato in estremo oriente dalla dissidenza cinese.

I neoconservatori americani volevano esportare la democrazia e sono stati maledetti. Cosa ne pensa?

I neocon erano solo un gruppo di potere che ha condizionato la politica di George W. Bush per circa cinque o sei anni. Non lo possiamo considerare come un movimento filosofico. Al massimo come un gruppo politico.

E cosa pensa dei realisti? Intesi come gli analisti di Relazioni Internazionali che non considerano i diritti umani come una variabile importante?

Ho lottato contro questo tipo di realisti per tutta la mia vita. I realisti francesi con cui ho lavorato dicevano: l’impero sovietico è una struttura seria e solida, i dissidenti come Solzhenitsin e Sakharov sono solo dei poveri sognatori. E alla fine, chi ha vinto in Europa? Avevano ragione i realisti, assertori della “solidità” di un impero che non c’è più? O sono piuttosto i “sognatori” che hanno fatto cadere il Muro di Berlino? I realismo ragiona solo sul breve periodo. Nel lungo, è la democrazia che ha sempre prevalso. Democrazia che non è intesa solo come sistema politico, ma come una reazione all’arroganza del potere.

Oggi, però, si preferisce parlare del miracolo economico cinese, piuttosto che della sua eventuale democratizzazione…

Il miracolo economico è, in sé, positivo. Ma ricordiamoci di altri due miracoli economici della prima metà del XX Secolo: la Germania e il Giappone. Nessuno dei due era democratico. Risultato: nessuno dei due è ricordato per il suo contributo alla pace nel mondo, ma semmai proprio per il motivo opposto. E’ per questo che, a prescindere dal miracolo economico cinese, noi dobbiamo prestare una grande attenzione a tutti i suoi contro-poteri. Dobbiamo guardare a chi si oppone all’arroganza del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese: dissidenti, minoranze religiose, il Tibet. Proprio perché la Cina è una grande potenza e ha un peso sempre maggiore nel mondo, se ci diciamo realisti dobbiamo riconoscere che al suo interno esistono degli importanti contro-poteri. Affermare che la Cina è grande e potente e può fare quel che vuole, non è realismo, ma miopia.


Voci utilizzate nell'articolo

Assenza di autocritica

Metodi applicati

Onniscienza teoretica

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