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Da Libro bianco.

In Israele nasce il primo Wagner fan club, ma per il paese resta un tabù

Il Sole 24 Ore 20 novembre 2010


Francesca Marretta


«Wagner? Era un uomo schifoso, ma la sua musica è grande. E se ami la musica puoi concentrarti solo su quella. Anche Heidegger era un grande filosofo, anche se era un nazista».


Eitam, 57 anni, insegna filosofia alla Hebrew University. Ha un fisico asciutto e nel novembre più caldo che si ricordi a Gerusalemme dagli anni '40, sfodera un'abbronzatura che lo ringiovanisce, mentre passeggia per Mamilla Avenue, isola pedonale, affollata di negozi e caffè. La famiglia del Professore è stata sterminata nei campi di concentramento in Polonia. Si è salvato solo suo padre, arrivato in Israele negli anni 40.

Eitam sa di essere uno dei pochi, nel suo paese, a tollerare l'iniziativa dell'avvocato Yonatan Livni, fondatore del primo Wagner fan club israeliano. L'associazione ha appena ricevuto luce verde da un'agenzia culturale governativa. Ma basta sondare l'umore popolare a Gerusalemme per rendersi conto che, a 130 anni dalla morte, Wagner, anti-semita e compositore preferito di Adolf Hitler, resta una figura tabù in Israele. Il filosofo della Hebrew University incontrato a Mamilla, è la sola voce fuori dal coro della giornata, come anticipa egli stesso. «Personalmente ascolto Wagner e non sono d'accordo col censurare la sua musica, ma non troverà molti qui a pensarla così. Si tratta di un argomento ancora troppo sensibile».

Poco più avanti, tra le sculture di artisti israeliani esposte sul viale in pietra, Rifka Chen, una donna minuta di 58 anni, jeans e maglietta nera e occhiali da sole in tinta è appena andata in pensione dopo una carriera come insegnante. La donna conferma la previsione del filosofo Eitam. «La cultura non è al di sopra di tutto e di tutti. Come israeliani dobbiamo assumerci la responsabilità di rispettare la sensibilità dei sopravvissuti alla Shoa ed attendere qualche altra generazione prima di ascoltare Wagner».

L'avvocato Livni, fondatore del Wagner fan club israeliano, sostiene l'esatto contrario. «Non passerà mai abbastanza tempo prima che si superi la barriera su Wagner. La questione è, dobbiamo aspettare fino ad ottenere un certificato che dica che l'ultimo superstite se n'è andato?». Lo stesso Livni è figlio di sopravvissuti all'Olocausto. «Mio padre diceva che Wagner era un uomo orribile, ma che aveva scritto la più bella musica. Non dobbiamo focalizzarci sulle vedute politiche di Wagner, ma sulla sua musica». Nel volume "Ebraismo nella musica" del 1850, il compositore tedesco teorizza l'inferiorità della "razza ebraica", da cui, dice Wagner, "urge", per i tedeschi, emanciparsi. Parole che, anni dopo, il regime nazista avrebbe adottato alla lettera. Già nel 1938, musicisti ebrei residenti in terra di Palestina, boicottarono Wagner. La Palestinian Orchestra, che qualche anno dopo sarebbe diventata la Israel Philarmonic, si rifiutò di suonare la musica del compositore tedesco, in segno di protesta verso gli orrori del regime hitleriano. L'inibizione verso la musica di Wagner in Israele non sarebbe stata scalfito fino a molti decenni dopo.

Quando nel 1981, la Israel Philharmonic Orchestra cominciò a suonare, in Israele, un preludio da "Tristano e Isotta" un sopravvissuto all'olocausto saltò sul palco mostrando il numero di matricola del campo di concentramento. La performance del Direttore d'Orchestra Zubin Mehta, dovette arrestarsi alle prime note. Nel 2001 fu poi la volta di Daniel Baremboim. A conclusione di un concerto tenuto a Gerusalemme il compositore isrealiano nato in Argentina, chiese al pubblico di lasciare la sala se in disaccordo con l'esecuzione di musica wagneriana. Alcuni si ribellarono, insultandolo, ma l'escuzione ricevette una standing ovation dalla maggioranza della platea. L'ex Premier Ehud Olmert, all'epoca sindaco di Gerusalemme definì Baremboim «arrogante, incivile e insensibile».

Nel 2010, gli israeliani sentiti sull'argomento al centro della Città Santa, sembrano ancora d'accordo con questa linea. Persino chi si dichiara appassionato di musica wagneriana. Un esempio è il 56enne Avi, commercialista incontrato allo Smoke Shop di Mamilla Avenue, seduto in poltrona al tavolino, mentre fuma una sigaretta. «A me piace la sua musica di Wagner. L'ascolto a casa. Ma certo non potrei proporla a mia madre, sopravvissuta alla Shoa. La controversia su questo presunto fan club sta proprio in questo. Una cosa è quello che puoi fare tra le mura di casa, altra storia quello che è lecito in pubblico.Non si può suonare Wagner qui, nè celebrarlo, finchè sono in vita persone che hanno esperienza della Shoa». Le domande sul Wagner fan club suscitano una discussione sull'antisemitismo tra Avi e Amir, il 40enne proprietario del negozio, in cui si trovano sigari cubani di ogni tipo, pipe, accendini, wisky, rum e tutto quanto possa essere abbinato alla nuvoletta di fumo.

«Dobbiamo comunque ricordare che nella prima metà del secolo scorso buona parte della cultura era improntata al sentimento anti-semita, pensiamo a Chopin", aggiunge Avi. Amir, capelli neri su cui è appuntata la kippa, dalla stazza imponente, definisce Avi un "liberal troppo tolletante». Usa un tono confidenziale mentre si rivolge a «un amico, più che un cliente». Poi ti fissa negli occhi serio e dice: «Wagner è un nome che qui non va nemmeno nominato. Esiste abbastanza buona musica. Proporlo in Israele, semplicemente, ci offende». Il fondatore del controverso fan club ritiene che se si dovesse boicottare tutta la musica scritta da autori anti-semiti «resterebbere ben pochi compositori da ascoltare in Israele». Ripreso dal quotudiano Jerusalem Post, Livni aggiunge, a sostengno della propria posizione, che «Hitler amava le Mercedes e Volkswagen», ma non per questo non si guidano vetture di quel tipo in Israele.

Per Robert Roxett, direttore delle librerie allo Yad Vashem, il museo dell'Olocausto a Gerusalemme, la questione è un po' diversa. «Hitler era più che un fan di Wagner. Lo idealizzava, lo vedeva come fonte d'ispirazione».

Il "sondaggio d'opinione" per le strade di Gerusalemme, si arricchisce, nel corso della giornata, della posizione dell'elegantissima Barbara. Sessanta inoltrati, portati egregiamente, slanciata, trucco impeccabile, come le unghie corte, laccate alla perfezione, su cui spiccano discreti, anelli con diamanti colotati di raffinata fattura. L'americana trapiantata in Israele 25 anni fa, consulente artistica, si presenta come una che "sulla musica classica sa tutto". E sa anche "cosa c'è sotto" la vicenda del Wagner fan club. Il preludio è una risata sarcastica. Poi dice: «Questo Livni cerca solo di farsi pubblicità. E' un clown delle pubbliche relazioni. Esiste un grande business su Wangner e lui conta di prendere dei danari da associazioni tedesche. Ha un'agenda che con la musica ha poco a che vedere».

A breve distanza, su King David Street, incontriamo un vero addetto ai lavori. Il 27enne Ariel è musicista professionista. Suona chitarra e udu e si esibisce in tutta Europa. Anche per lui Wagner resta tabù in Israele. «È una qustione di rispetto», dice Ariel, che ha una teoria: «Sa cosa si dice qui? Che i peggiori nemici degli israeliani sono gli israeliani stessi. Il nostro è un popolo poco numeroso, ma la società è estremamente complessa. C'è sempre chi è alla ricerca di polemiche per andare sui giornali». Di certo la sua avversione a Wagner non ha nulla a che vedere con la Germania. Porta a spasso, al guinzaglio, un'esuberante cucciola di pastore tedesco.


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