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Da Libro bianco.

Senza gli occhiali di un ebreo Heidegger è cieco

L'Arena 1 agosto 2011


Lavia Marani


IL LIBRO. Finte lettere dai lager, tragedia vera. Il filosofo nazistoide protagonista d'un romanzo storico affascinante

I fatti della storia offrono spunti per straordinari intrecci narrativi. L'americana Thaisa Frank, insegnante di scrittura all'Università di San Francisco e vincitrice di due Pen Awards con le raccolte di racconti Sleeping in Velvet e A Brief History of Camouflage, nel suo romanzo d'esordio Gli occhiali di Heidegger (Neri Pozza, 347 pagine, 17 euro) riporta alla luce la Briefaktion - Operazione Posta. I nazisti durante la guerra costringevano gli internati a scrivere ad amici e parenti, rassicurandoli. Poi li avviavano alle camere a gas.

L'autrice getta uno sguardo compassionevole su questo aspetto poco noto della Shoah. Veniamo trascinati, insieme ad Elie Schaten, l'eroina del romanzo, e a Gehrard Lodenstein, suo amante nazista, nella radura di una foresta della Germania del Nord, dove una miniera abbandonata era stata ristrutturata da un architetto del Reich per ospitare l'insolita missione postale.

Una grande porta di mogano sormontata dalla scritta «Gleich Antworten Mogen» (rispondi allo stesso modo) introduce in una stanzone grande quanto un campo sportivo, dove una quarantina di prigionieri, risparmiati allo sterminio per la loro conoscenza delle lingue, deve rispondere a migliaia di lettere scritte da persone già morte, usando lo stesso tono e lo stesso stile in modo che, una volta terminata la guerra, la «Soluzione Finale» resti celata sotto un cumulo di credibili menzogne.

Sono lettere che toccano il cuore, riportate dall'autrice nel libro tra un episodio e l'altro, in cui le vittime lodano le condizioni di vita dei lager, dove si parla di cibo abbondante, divertimento, serenità, buona compagnia. Un giorno giunge alla centrale postale nazista una lettera di ben altra caratura, scritta da un vivo: il filosofo Martin Heidegger che, dal suo rifugio nella Foresta Nera, è in attesa di un riscontro da parte dell'amico ed ex insegnante Asher Englehardt, suo optometrista, ebreo, al quale ha chiesto un nuovo paio di occhiali.

Come rispondere al posto del destinatario, senza rischiare di tradirsi?

Il filosofo dell'«essere nel mondo», ambiguamente implicato con il nazismo (ancora oggi gli studiosi discutono sul suo asservimento ideologico al regime), sperimenta, in seguito alla rottura degli occhiali, una nuova «Ent-fernen» (presa di distanza) dalle cose e ha bisogno dell'amico «per poter vedere».

Come scrive Asher Englehardt: «Le tazze e gli occhiali e tutto quello che la gente ha o fa sono soltanto oggetti di scena che ci proteggono da un mondo iniziato molto prima che qualcuno sapesse a cosa servono gli occhiali, e che esisterà molto dopo che saranno scomparsi tutti coloro che se ne ricordano. Questo è uno strano mondo. Ma non potremmo mai uscirne perché ci viviamo dentro, sempre».

Martin Heidegger rappresenta tutti coloro che non avevano visto e quanto più eccelsa è la mente, tanto maggiore è la colpa della cecità.


Voci utilizzate nell'articolo

Foresta nera

Metodi applicati

Immunitas fictionis

Aggettivo squalificativo

Promozione sul campo

Induzione di orrore

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