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Da Libro bianco.

Il "cuore nero" di Heidegger l'antisemita

La professoressa De Cesare analizza l'odio verso gli ebrei del famoso filosofo. Lo stesso di Kant, Nietzsche, Hegel e Lutero


Il Tempo, 27 novembre 2014


Leonardo Rossi


Martin Heidegger, l’autore di Essere e tempo, è stato antisemita? Tra difensori a oltranza e detrattori del professore di Friburgo, che attraversò le temperie del nazismo ed ebbe uno speciale legame con Hannah Harendt, il dibattito è vivace da decenni. Una risposta forse definitiva viene dalla pubblicazione postuma di quella sorta di diario di bordo filosofico che sono i Quaderni Neri. Sì, Heidegger è stato antisemita. Ne è convinta Donatella De Cesare, filosofa e ordinario di filosofia teoretica a La Sapienza, nonché vicepresidente dell’Heidegger Gesellshaft, la società filosofica che raccoglie centinaia di studiosi in tutto il mondo. Ma nel suo Heidegger e gli ebrei. I “Quaderni Neri” (Bollati Boringhieri), non si ferma qui. Certo descrive il dibattito, delinea i contorni chiari nei quali l’antisemitismo del filosofo deve essere inscritto. Ma il suo testo è anche un atto d’accusa contro un silenzio che oggi non è più accettabile: anche la filosofia è stata antisemita. Da Kant a Nietzsche l’antisemitismo era una parte non eliminabile del pensare filosofico di autori fondamentali, ed è il momento di dire la verità.

Professoressa De Cesare, come nasce Heidegger e gli ebrei? Posso dire che in questo caso è il libro ad aver scelto me. Avevo intenzione di occuparmi in modo più approfondito di Heidegger e la Shoà. Successivamente, avevo messo da parte l’idea. Sempre l’anno scorso, mi sono arrivati alcuni stralci sull’antisemitismo dei Quaderni Neri, dove sono stati ritrovati alcuni passi interessanti di Heidegger. Come vicepresidente della Martin-Heidegger-Gesellschaft mi veniva chiesto un parere a riguardo.

Heidegger era un antisemita? Sicuramente sì. Sulla base di questi passi senza dubbio. Non si tratta di un antisemitismo spirituale, come alcuni vorrebbero far credere, o un antisemitismo che si possa minimizzare. C’è un antigiudaismo di base, ed è un dato innegabile. La differenza tra antigiudaismo e antisemitismo è di base. Il primo ha una radice teologica e nasce nel contesto del Cristianesimo. Si tratta di un rifiuto nei confronti degli ebrei, rifiuto che già troviamo, ad esempio, in Agostino. Ma per Agostino gli ebrei devono essere protetti, perché sono i testimoni della Redenzione: si convertiranno alla fine dei tempi, e la loro conversione sarà il segno della Redenzione. Dunque, è importante che restino in vita. L’antisemitismo ha una natura politica.

Lei nel libro fa una lunga digressione sulla figura di Lutero… Lutero è molto importante per Heidegger, ma anche per la tradizione tedesca. Con tradizione tedesca mi riferisco non soltanto a quella teologica ma anche a quella filosofica.

C’è un filo conduttore che porta da Lutero fino a Hitler? È la domanda chiave del libro. È stato sorprendente rendermi conto dell’esistenza di questo rapporto che si compendia nella parola “menzogna”. L’accusa che viene reiterata e attraversa la filosofia è che gli ebrei mentono. Fanno credere quello che non sono. È un’accusa che gli viene rivolta da Lutero, ma un’accusa che si trova nel Mein Kampf, dove con grande chiarezza Hitler dice che l’ebreo parla tedesco ma i suoi sono pensieri ebraici. Quindi, in realtà mente. Perché fa credere di essere ciò che non è: un cittadino tedesco, e invece è solo un ebreo che fa parte di un popolo trasversale rispetto alle nazioni e che si prepara a prendere il dominio del mondo.

Di tutti i più grandi filosofi idealisti dell’Ottocento lei fa emergere un inquietante lato antisemita. Se si guardano i testi di Kant, che parla di eutanasia dell’ebraismo…

Lo stesso Kant che scriveva della “Pace universale”? Sì… ma proprio per questo, proprio perché dice che le religioni devono essere superate in una morale, anche secolare. Alla fine gli ebrei possono restare in Europa a condizione di non essere più ebrei. Questa posizione diventa molto più dura e severa in Fichte, Hegel; in Hegel ci sono pagine molto dure a questo proposito. Lo stesso Nietzsche che dice di essere anti-antisemita in fondo è stato l’autore di passi molto inquietanti riguardo il futuro degli ebrei in Europa.

Come è stato possibile che il filosofo per eccellenza dell’Essere ma anche il docente che ebbe numerosi studenti ebrei, non abbia detto assolutamente nulla sulla Shoà. È un paradosso che emerge chiaramente nei Quaderni Neri. Da una parte c’è il filosofo che vuole distruggere la metafisica, ed è molto vicino ad alcuni temi della tradizione ebraica: per esempio il concetto di nulla, il modo in cui concepisce il tempo, il futuro. Dall’altra parte c’è il filosofo dell’antigiudaismo, che assume anche tratti politici - diventando antisemitismo - che lo porta a rifiutare l’Ebreo e a volerlo definire. Lì c’è l’errore di Heidegger. Perché qui ricade nella metafisica, quando tenta di ridefinire l’essenza dell’Ebreo.

Per Heidegger c’è una figura archetipica dell’ebreo. Sì esiste ed è l’Ebreo. Quando parla di ebrei non parla rispettando le loro differenze, non c’è nessun interesse per la storia del popolo ebraico, c’è un ebraismo che diventa una sorta di Moloch.

Heidegger non era nemmeno un profondo conoscitore del mondo ebraico. No. Non c’era alcun interesse per l’ebraismo da parte di Heidegger. In ogni caso, le condizioni erano differenti. Nella Germania di allora vivevamo almeno 500mila ebrei, c’era una conoscenza dell’ebraismo molto più diffusa. Adesso l’ebraismo tedesco non esiste più, su questo possiamo dire che hanno vinto i nazisti. Per esempio, ora vivono in Germania circa 100mila ebrei, ma sono emigrati russi.

Il titolo del suo libro ricalca quello di Jean-François Lyotard, che però era il padre delle anti-narrazioni. C’è un motivo per questa scelta? Lyotard scrive Heidegger e “gli ebrei”. Mettendo il termine tra virgolette. Io ho voluto riprendere il titolo perché Lyotard, ma anche Lacoue-Labarthe, fanno parte di quei filosofi che, pur non avendo documenti, ricordiamoci che negli anni ’80 non c’era quasi nulla, avevano però già scorto questo antisemitismo e lo avevano subodorato.

Auschwitz ha veramente chiuso i cancelli o sono ancora aperti? Non sono chiusi i cancelli di Auschwitz. Noi viviamo in un mondo dove l’ombra del campo è ancora presente. Con l’aggravante di pretendere di sapere quello che è avvenuto, senza saperlo il più delle volte. Noi non sappiamo bene che cosa il nazionalsocialismo. In fondo, i Quaderni Neri sono una buona prospettiva su questo. Dall’altra parte sappiamo ancora poco su Shoà. I campi di sterminio sono ancora un tema di cui non si praticamente nulla.

Davvero sappiamo ancora poco della Shoà? C’è che sostiene che invece sia stato detto tutto. Noi non sappiamo praticamente niente. Per esempio, anche sul numero dei campi c’è ignoranza: i campi di sterminio erano circa sei. In fondo, Primo Levi ci parla da una prospettiva che è quella del campo di concentramento, lui sta da quella parte del campo, adocchia soltanto la parte del campo di sterminio, ma in quest’ultimo la mortalità era del 99%, di sopravvissuti non ce ne sono. L’intento era quello dell’annientamento. Ridurre al nulla. Per non far sapere nulla in futuro. Noi, in fondo, dei campi sappiamo molto poco.


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