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Da Libro bianco.

Heidegger antisemita perché razzista

Il lavoro del filosofo Emmanuel Faye ha spostato il «caso Heidegger» dal piano della sua compromissione con il Terzo Reich a quello del suo stesso pensiero

Corriere della Sera, 28 dicembre 2014

Livia Profeti

L’antisemitismo dei primi Quaderni neri di Martin Heidegger pubblicati in Germania non ha sorpreso la ricerca internazionale impegnata a studiarne il pensiero al di là delle dissimulazioni nei testi e dell’autopresentazione che egli ha praticato dopo il crollo della Germania nazista. Questo perché, da anni, il lavoro del filosofo Emmanuel Faye Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia (ed. it. L’Asino d’oro) ha spostato il «caso Heidegger» dal piano della sua compromissione con il III Reich a quello del suo stesso pensiero, influente forse più di ogni altro sulla cultura del Novecento.

L’antiumanesimo di Essere e tempo del 1927 si è infatti diffuso nella seconda metà del secolo oltre la filosofia, affermandosi in psichiatria, in architettura, nella critica letteraria e artistica, nella teologia, nella teoria politica. Domandarsi quanto e come quel pensiero fosse colluso con l’ideologia nazista non è dunque sottigliezza intellettuale superflua in tempo di crisi, ma ricerca sull’evoluzione di buona parte della nostra cultura dal dopoguerra sino ad oggi, e sulle ragioni profonde per cui non siamo riusciti a contrastare il ritorno di xenofobia, razzismo e antisemitismo che emergeva e che ora è un dato di fatto politico e sociale.

Sebbene Faye ne avesse evidenziato le radici in Essere e tempo e rivelato in altri testi passaggi antisemiti inquietanti, la critica heideggeriana che si interroga ora sullo statuto dell’antisemitismo in Heidegger articola risposte che ne escludono la presenza in quell’opera fondamentale, nonché l’esistenza di una più ampia questione razziale nel suo pensiero. Tuttavia, visto che l’antisemitismo è una forma di razzismo, e visto che i Quaderni neri articolano l’antisemitismo in chiave teorica, è logico chiedersi se ci sia in Heidegger una concezione razzista di fondo, e dove possa essere rintracciata.

Nell’ambito di un dossier in uscita sulla rivista francese Cités ne ho mostrato i fondamenti nella stessa concezione dell’«esserci», che in Essere e tempo sostituisce il «soggetto» moderno ponendo le basi di un’ontologia in cui sarà poi il «popolo» a sostituire l’individuo. Gli «esserci» heideggeriani non condividono un unico «mondo» come idealmente tutti i soggetti la Terra, ma appartengono ontologicamente ad una pluralità di mondi sociali diversi, radicati nel suolo natale, che determinano la loro stessa possibilità di realizzare l’Essere.

Si tratta della più radicale affermazione della disuguaglianza umana, più funesta di una specifica dottrina razziale poiché costituisce la base, per così dire “filosofica”, sulla quale qualsiasi tipo di razzismo può fondarsi. Inoltre, grazie a quanto scoperto dallo psichiatra Massimo Fagioli si è chiarito il senso dell’«essere-per-la-morte» heideggeriano, che cela l’idea di un istinto di morte innato. Heidegger, fallendo il tentativo di recuperare una dimensione umana pre-razionale ha postulato la sua «verità» più originaria della ragione, che si realizzerebbe nell’annullamento dell’altro concepito come nemico dell’Essere, nella sua eliminazione come se non fosse mai esistito.

Gli Ebrei, nei Quaderni neri, non appartengono nemmeno ad un mondo diverso (si legga inferiore) da quello tedesco, ma sono senza mondo, esclusi dall’Essere. Gli Ebrei, come ha notato Faye, sono immondi secondo Heidegger. Interrogarsi sugli effetti di questa visione disumana, a lungo celata tra le pieghe di un linguaggio ostico ma non per questo meno pervasivo, è oggi un compito necessario, per il quale i Quaderni neri aprono una nuova stagione di approfondimento anche sugli aspetti politici. Sarà questo infatti il tema del confronto internazionale che si svolgerà in primavera all’Università di Siegen, in Germania, nel convegno intitolato appunto “Filosofia e Politica. Ricerche sui Quaderni neri di Martin Heidegger”.

  • Livia Profeti, studiosa del pensiero contemporaneo, ha curato l’edizione italiana del libro di Emmanuel Faye Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia (L’Asino d’oro). È inoltre autrice del libro L’identità umana. Nati uguali per diventare diversi (L’Asino d’oro)

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