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Da Libro bianco.

Dal peccato originale ai campi di sterminio: il percorso dell’antropologia negativa

Agorà, 6 febbraio 2015


Fabio Della Pergola


E’ interessante seguire, come ha fatto il settimanale left nel penultimo numero a firma di Gianfranco De Simone, il percorso di ontologia negativa che parte dalla nota interpretazione paolina delle scritture, causa di quel peccato originale che tuttora il catechismo della Chiesa cattolica ritiene fondante, per arrivare fino al pensiero nazista e antisemita di Martin Heidegger, tornato al centro del dibattito pubblico internazionale per la recente pubblicazione dei suoi Quaderni neri.

Contrapporre poi a tutta la storia della tradizione culturale e antropologica dell’Occidente, la teoria della nascita di Massimo Fagioli, definendola “opposta” radicalmente a tutto quel percorso, come fa il filosofo Giacomo Marramao intervistato da Elisabetta Amalfitano, diventa fondamentale per capire l’essenza e la portata storica del pensiero dello psichiatra romano.

Costruire infine un numero, in edicola fino a sabato, in cui, oltre allo scontro teorico radicale fra Fagioli e l’ontologia dell’Occidente, si aggiunge l’intervista all’islamista Biancamaria Scarcia Amoretti (qui il video) che lega la mancanza del peccato originale nell’Islàm alla possibilità di emancipazione delle donne, affermazione decisamente inusuale ma estremamente interessante, significa aver fatto del nuovo left - nato all’inizio dell’anno per iniziativa dell’editore Matteo Fago - un centro di produzione culturale di primissimo piano nell’asfittico panorama editoriale italiano (soprattutto di sinistra). Benvenuto, quindi.

Non si può non cogliere la rilevanza di queste provocazioni intellettuali di livello: se si afferma la centralità dell’antropologia negativa nella formazione del pensiero occidentale, sia religioso che filosofico (l’uomo nasce fallato da un minus irrisolvibile) - cosa che diventa chiara solo nel momento in cui l’antropologia positiva di Fagioli (l’uomo nasce con pienezza di essere e di specifica “essenza” umana) ne svela la falsità - si rivela anche di centrale importanza il contrasto antropologico all’interno dello scontro millenario tra cristianità e mondo islamico.

Conflitto antropologico che non va necessariamente a contrapporsi alle valutazioni sulle tutt’altro che trascurabili motivazioni economiche, politiche e strategiche di quello storico scontro, ma che rende quelle interpretazioni razionalizzanti una sovrastruttura che, volente o nolente, maschera la sottostante, più profonda e reale, contrapposizione di pensiero sulla realtà umana che oppone, da sempre, i due mondi.

A questo punto non ci si può esimere dal pensare anche alla differenza antropologica tra ebraismo e cristianesimo, affermata dal rabbino Benedetto Carucci Viterbi in un incontro dal titolo “Se Dio esiste, da dove il male?” organizzato da Biblia e svoltosi un paio di anni fa al liceo Galileo di Firenze, alla presenza del filosofo Sergio Givone, a quei tempi assessore alla Cultura del capoluogo toscano.

Carucci Viterbi, preside della scuola ebraica di Roma, accennava alla “differenza antropologica” tra le due culture, rispondendo ad una domanda relativa proprio alla mancanza, nella tradizione dell’ebraismo rabbinico, del ‘peccato originale’ come ineluttabile destino di corruzione e degradazione degli esseri umani a partire dalla trasgressione di Adamo descritta nel testo biblico.

Non si può quindi non pensare che, all’interno dei confini della cristianità, siano esistite negli ultimi venti secoli, due forme antropologiche diverse, due diversi pensieri sull’essenza umana. E che possiamo ora vederle come davvero irriducibili l’una all’altra.

L’ipotesi, a questo punto, è che la violenza della cultura dominante in Europa nei confronti di quella minoritaria delle tante microcomunità ebraiche sparse ovunque nel continente - le espulsioni ripetute, i saccheggi, i linciaggi, i pogrom di massa a cadenza regolare nel corso dei secoli - abbiano la stessa origine dello scontro secolare con l’Islàm.

E che la persecuzione e lo sterminio perpetuato nella dozzina di anni del potere nazista, pregno dell’antropologia negativa e (ormai indiscutibilmente) antisemita di Martin Heidegger, non sia affatto quella tragedia del tutto inspiegabile o frutto di un improvviso impazzimento della civiltà europea di cui si parla, ma che possa essere invece assolutamente coerente con l'essenza stessa dell'Occidente, comprensibile alla luce di uno scontro antropologico iniziato più di duemila anni fa e non ancora giunto alla fine.


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