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Da Libro bianco.

Addio Heidegger!

Il Corriere della Sera, 17 aprile 2015

Richard Wolin



La recente controversia sul venefico antisemitismo che pervade i Quaderni Neri di Heidegger solleva cruciali interrogativi, e non solo su come leggere Heidegger in futuro; mette anche in seria discussione il posto che Heidegger occupa nella storia della filosofia. In poche parole: lo si può davvero considerare «il più importante pensatore del ventesimo secolo», come sostiene Donatella di Cesare (che da poco si è dimessa dalla carica di Vice Presidente della International Heidegger Society), ora che è stato smascherato come livido antisemita e, a tutti gli effetti, come negazionista dell’Olocausto? Per molti sostenitori di Heidegger, l’agghiacciante attrazione per la negazione dell’Olocausto che il Maestro manifesta nei Quaderni Neri (Gesamtausgabe 97), di recente pubblicazione, sembra essere stata l’ultima goccia. In quelle pagine, Heidegger qualifica perfidamente l’Olocausto come atto di «auto-annientamento ebraico» («judische Selbstvernichtung»). Poiché secondo lui gli ebrei erano i i principali portavoce della filosofia strumentale e poiché ad Auschwitz e negli altri campi di sterminio venivano uccisi con sistemi tecnologicamente avanzati (es: le camere a gas), Heidegger si sente in diritto di definire la loro eliminazione come una sorta di suicidio collettivo. Non meno sconcertante è l’affermazione (sempre in GA 97) che nel dopoguerra gli Alleati avrebbero trasformato la Germania in un gigantesco campo di concentramento, sottintendendo così che le vere vittime della guerra siano stati i tedeschi – il che dimostra come l’incapacità di Heidegger di provare compassione per le vittime della persecuzione nazista sia sfociata in una crudele e imperdonabile indifferenza morale.

La svolta

Questi fatti cambiano tutto. Gli inquietanti sforzi di Heidegger per sminuire gli orrori del Nazionalsocialismo - che, non a caso, sgravano i veri colpevoli, e cioè i tedeschi, delle loro responsabilità storiche - sommati al suo appoggio all’antisemitismo eliminazionista, lo privano della qualifica di «grande pensatore». Come non bastasse, un recente articolo del settimanale tedesco «Die Zeit», firmato da Adam Soboczynski, suggerisce che in passato i testi delle «Opere Complete» di Heidegger siano stati sistematicamente rimaneggiati per cancellare o attenuare la portata del suo antisemitismo. Non molto tempo fa un ricercatore ha poi scoperto che nell’edizione del ciclo di conferenze di Heidegger Hölderlin’s Hymns Germanien and Der Rhein, del 1934, la sigla «N. Soz.» (palese abbreviazione di «Nazionalsocialismo») era stata espunta e sostituita con «Scienze Naturali». Ci sono inoltre parecchi documenti e manoscritti importanti ai quali i ricercatori ancora non hanno avuto accesso. Tutte queste rivelazioni legittimano il sospetto che molto sia stato tenuto nascosto perché i sostenitori di Heidegger molto hanno da nascondere. Un altro aspetto controverso dei recenti dibattiti sui Quaderni Neri riguarda l’ambiguo tentativo dei sostenitori di Heidegger di collocare i più fedeli seguaci del Maestro – cioè coloro per i quali la pubblicazione dei Quaderni Neri non ha cambiato nulla – sullo stesso piano dei suoi più accesi detrattori.

Il punto di vista morale

Donatella di Cesare fa proprio questo quando afferma che i difensori di Heidegger che tentano di «negare l’evidenza (dei Quaderni Neri), non sbagliano meno di quanti propendono per la totale sconfessione di Heidegger». Ma questa è di fatto un’equivalenza immorale, in quanto mette sullo stesso piano accademici che hanno scelto di occultare il nazismo di Heidegger e studiosi che hanno lavorato con tenacia per smascherarlo. D’ora in poi, sarà impossibile negare che il pensatore Heidegger non abbia nutrito altro che disprezzo per ciò che i filosofi chiamano «punto di vista morale». Peggio ancora, in numerose occasioni ha apertamente schernito le considerazioni morali, ritenendole secondarie alla dignità dell’indagine ontologica o della Seinsfrage. La sua prima pubblicazione importante dopo la guerra, la “Lettera sull’umanismo” del 1947, è in realtà un manifesto di antiumanismo. Non si sottovalutino le questioni etiche in gioco. Dichiarando guerra all’«umanismo», Heidegger dichiarava guerra anche ai principi di «dignità umana», «diritti umani», «autodeterminazione» e «democrazia». In sostanza, scartava le «idee del 1789» come «antitedesche». Tale rifiuto aiuta a capire la sua appassionata difesa del concetto tedesco (razzista) di Volk. Come Heidegger osserva nei Quaderni Neri (GA 96): «Dalla piena lucidità che ispirava il mio iniziale disincanto per l’essenza storica del Nazional Socialismo, è derivata la necessità di fornirgli un sostegno a tutto campo – in primo luogo, a livello filosofico»(!). Non può esserci dimostrazione più chiara dell’entusiasta adesione di Heidegger, su «basi filosofiche», al Nazionalsocialismo - regime che, fin dagli albori, non ha mai tentato di celare la propria natura razzista e genocida. Alla luce di questi fatti è chiaro che per Heidegger la «Lettera sull’Umanismo» e le sue altre opere postbelliche sul tema sono state un modo alternativo per perpetuare l’«ideologia germanica» attraverso il filtro di codici filosofici.

Il dibattito sugli ideali

Nel dopoguerra, è stato il filosofo Karl Jasper a mettere a nudo con la massima lucidità la mancanza di integrità filosofica di Heidegger quando, in una lettera alla commissione di denazificazione dell’Università di Friburgo, ne ha descritto il pensiero come «dittatoriale, non libero e incapace di comunicazione» (diktatorisch, unfrei, und kommunikationlos). Una delle ragioni per cui è oggi imperativo chiarire le molteplici debolezze etiche di Heidegger è che nell’Occidente del dopoguerra il consenso morale e giuridico si è evoluto attraverso la considerazione dell’Olocausto e del Nazionalsocialismo come modelli negativi. La struttura di difesa dei diritti umani sviluppatasi dopo la II Guerra Mondiale – con la Corte Europea dei Diritti Umani, la Corte Europea di Giustizia e, in seguito, la Corte Criminale Internazionale – è stata una risposta morale e giuridica ad Auschwitz e agli altri crimini nazisti. Citiamo le memorabili parole del filosofo Theodor Adorno della Scuola di Francoforte, nel saggio «L’istruzione dopo Auschwitz»: «Ogni dibattito sugli ideali dell’istruzione è banale e insignificante di fronte a quest’unico ideale: mai più Auschwitz… Il solo vero potere in grado di contrastare il principio di Auschwitz è l’ autonomia:… il potere di riflettere, di autodeterminarsi, di non stare al gioco». Il problema dei tentativi, miopi e di retroguardia, di difendere la posizione di «grande pensatore» di Heidegger è che, come Jaspers e Adorno avevano capito, la sua filosofia si fa beffe dell’ideale kantiano di autonomia morale. Il pensiero ultimo di Heidegger non solo è stato incapace di resistere alle aggressioni della dottrina e delle pratiche del Nazionalsocialismo. Come rivelano i Quaderni Neri, la sua filosofia ha abbracciato con entusiasmo quelle dottrine e pratiche. In questa luce, si può solo concludere che la filosofia di Heidegger è parte del problema e non una soluzione.


Voci utilizzate nell'articolo

Antisemitismo

Attendibilità della Gesamtausgabe

Autoannientamento

Autoritarismo

Negazionismo

Metodi applicati

Aggettivo squalificativo

Citazione selettiva

Presunzione di connivenza

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