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Versione attuale delle 14:42, 6 lug 2010

Sradicare il fondamentalismo dall’Islam? E’ possibile

Lettere


Corriere della Sera, 8 Gennaio 2004


Paolo Mieli


Lettera:

La sua risposta sulla conciliabilità del concetto di democrazia con il mondo arabo e quello musulmano ha lasciato socchiuso uno spiraglio criptorazzista, aperto involontariamente dal lettore, attraverso il quale si insinua l’idea che esistano popoli, quelli di cui abbiamo appena detto, che non gradiscono (chissà perché, poi...) di vivere nelle condizioni in cui siano riconosciuti i loro diritti. Ma qualcuno può credere che esistano adultere a cui piaccia essere lapidate, uomini e donne che si rassegnino a finire in prigione solo perché omosessuali, persone che non apprezzino la libertà di espressione, il diritto di professare liberamente la propria religione, di votare per la parte politica in cui più si riconoscono? Daniela Bottelli

RISPOSTA DI MIELI:

Cara signora Bottelli, no, né quel lettore a cui lei fa riferimento né io abbiamo dubbi in proposito. E se vuole conoscere le tesi di chi sostiene che siamo stati noi europei a contagiare quel mondo con il virus dell’illiberalità, le suggerisco la lettura di un libro molto interessante: «Terror and liberalism» di Paul Berman pubblicato negli Stati Uniti e che presto verrà tradotto in Italia da Einaudi. Berman, che come molti democratici americani ha appoggiato la guerra in Iraq, è un progressista distante anni luce dai neoconservatori che animano il laboratorio politico di George W. Bush: è considerato un liberal, fa parte della redazione di Dissent , la principale rivista della sinistra statunitense. A suo avviso la sinistra europea, con l’eccezione ovviamente di Tony Blair, è incapace di guardare con occhio disincantato all’irrazionalismo dei Paesi arabi e islamici. I movimenti radicali di quest’area geografica, secondo lui, sono affetti da una visione paranoica del mondo che è parente stretta di quella che in Europa caratterizzò fascisti e comunisti ottant’anni fa: quei fratelli musulmani - che nel 1928 iniziarono a teorizzare una riedizione del califfato del settimo secolo - sono simili al Mussolini che sognava un ritorno alla romanità: entrambi sono animati dalla visione di un salto nel futuro che è anche un salto nel passato. «E il totalitarismo vince quando la società liberale non riesce a riconoscere il pericolo e ad affrontarlo», ha scritto Berman. Tra l’altro l’iniziale contagio fondamentalista viene da idee occidentali che noi non sapemmo «riconoscere e affrontare» nel secolo scorso. Nell’opera di uno tra i principali genitori di queste correnti di pensiero, Sayyd Qutb (che aveva vissuto negli Stati Uniti e fu impiccato nel 1966 in Egitto), sono facilmente individuabili elementi che riconducono a Rousseau e ad Heidegger: «Qutb», sostiene Berman, «sostanzialmente non è diverso dai teorici dei khmer rossi in Cambogia o dai fondatori del Partito comunista cinese, tutti impregnati della cultura dei filosofi occidentali». In un’intervista di qualche tempo fa a Christian Rocca, uno tra i migliori giornalisti del Foglio , Berman ha sparato a zero contro tutti i luoghi comuni della sua parte politica, che sono quelli contro i quali lei, cara signora Bottelli, protesta: «Stiamo vivendo un periodo rivoluzionario; in diciannove mesi due feroci dittature sono cadute e una terza, la più importante, è in crisi; l’effetto domino funziona, il totalitarismo musulmano ha subito sconfitte devastanti; in così poco tempo due, quasi tre, Paesi di fila sono stati liberati e poi c’è lo scontro all’interno dell’Autorità palestinese; non sappiamo come andrà a finire, ma in Afghanistan c’è uno Stato che, pur limitandosi alla città di Kabul, è in mano a un liberale come Hamid Karzai; in Iraq non c’è ancora uno Stato ma per la prima volta c’è speranza e in Iran siamo al primo stadio di una rivoluzione liberale». Sostiene Berman che la sinistra sotto sotto «disprezza i musulmani, ha atteggiamenti razzisti nei loro confronti, pensa che non siano in grado di poter vivere in un mondo libero e democratico»: «i milioni di vittime islamiche», afferma, «sono invisibili, a differenza del puntuale conteggio che si fa in Cisgiordania»; «il vero pericolo non è solo Al Qaeda, ma il culto della morte e del suicidio come atto di ribellione alla società borghese, un’idea nata in Occidente, scritta nelle poesie di Baudelaire e nei libri di Dostoevskij, e diventata poi movimento di massa con il fascismo, il franchismo, il nazismo, il comunismo; in Occidente è stata sconfitta, ma è stata esportata nel mondo islamico e lì si è sviluppata». Con il sottinteso che così come l’abbiamo estirpata qui da noi, forse un giorno potremo sradicarla anche dal mondo arabo e musulmano.



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Metodi applicati

Onniscienza teoretica


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