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Da Libro bianco.
(Heidegger, l'ultimo segreto: i diari neri contro gli ebrei)
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Un migliaio di pagine vedranno la luce nel marzo del prossimo anno: tre quaderni vergati da Martin Heidegger, di cui pochissimi conoscevano l'esistenza. E nei quali il filosofo professa a più riprese il proprio antisemitismo. Nel mondo degli studi filosofici, soprattutto tedesco, c'è molto sbalordimento. Il "Mago di Messkirch" (così era chiamato dai suoi studenti) per circa quarant'anni (dall'inizio degli anni Trenta al 1975, l'anno precedente alla sua morte) tenne una sua navigazione segreta, quasi quotidiana. Immaginate quest'uomo, piccolo, taciturno, duro, sospettoso come un contadino dell'Alta Svevia che, la sera nella sua baita di Todtnauberg, dava libero sfogo ai pensieri più nascosti, e avrete una vaga idea di come siano questi quaderni (in tutto nove) che Klosterman (editore delle opere complete) ha deciso di pubblicare. Sono molti gli interrogativi che queste pagine suscitano.
 
Un migliaio di pagine vedranno la luce nel marzo del prossimo anno: tre quaderni vergati da Martin Heidegger, di cui pochissimi conoscevano l'esistenza. E nei quali il filosofo professa a più riprese il proprio antisemitismo. Nel mondo degli studi filosofici, soprattutto tedesco, c'è molto sbalordimento. Il "Mago di Messkirch" (così era chiamato dai suoi studenti) per circa quarant'anni (dall'inizio degli anni Trenta al 1975, l'anno precedente alla sua morte) tenne una sua navigazione segreta, quasi quotidiana. Immaginate quest'uomo, piccolo, taciturno, duro, sospettoso come un contadino dell'Alta Svevia che, la sera nella sua baita di Todtnauberg, dava libero sfogo ai pensieri più nascosti, e avrete una vaga idea di come siano questi quaderni (in tutto nove) che Klosterman (editore delle opere complete) ha deciso di pubblicare. Sono molti gli interrogativi che queste pagine suscitano.
  
Vado ad affrontarli con la persona giusta: Donatella di Cesare, ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, autrice di libri sull'etica ebraica. Gadamer e contro il negazionismo. Il prossimo mese uscirà con un testo su Israele e la filosofia (per Bollati Boringhieri) e in primavera con Heidegger e la Shoah. Di Cesare è una  
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Vado ad affrontarli con la persona giusta: Donatella di Cesare, ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, autrice di libri sull'etica ebraica. Gadamer e contro il negazionismo. Il prossimo mese uscirà con un testo su ''Israele e la filosofia'' (per Bollati Boringhieri) e in primavera con ''Heidegger e la Shoah''. Di Cesare è una  
singolare figura di studiosa: è membro della comunità ebraica di Roma e al tempo stesso vicepresidente dell' Heidegger Gesellshaft, la società filosofica che nel mondo raccoglie diverse centinaia di' studiosi. Del resto, non aveva avuto Heidegger stesso allievi ebrei? A cominciare da Hannah Arendt e poi Karl Lowith, Leo Strauss, Emmanuel Lévinas: pensatori che hanno beneficiato, anche se in maniera contrastata, delle riflessioni del maestro. Ma in questi quaderni la materia che scotta non riguarda tanto, o solamente, la questione, ormai annosa, dell'adesione al nazismo, quanto quella più esplosiva del presunto antisemitismo di Heidegger.
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singolare figura di studiosa: è membro della comunità ebraica di Roma e al tempo stesso vicepresidente dell' ''Heidegger Gesellshaft'', la società filosofica che nel mondo raccoglie diverse centinaia di' studiosi. Del resto, non aveva avuto Heidegger stesso allievi ebrei? A cominciare da Hannah Arendt e poi Karl Lowith, Leo Strauss, Emmanuel Lévinas: pensatori che hanno beneficiato, anche se in maniera contrastata, delle riflessioni del maestro. Ma in questi quaderni la materia che scotta non riguarda tanto, o solamente, la questione, ormai annosa, dell'adesione al nazismo, quanto quella più esplosiva del presunto antisemitismo di Heidegger.
 
   
 
   
Dopo aver letto queste pagine sono rimasta sconvolta», dice la Di Cesare, mentre indica sul tavolo le bozze dei tre quaderni. Non pusso ovviamente rendere pubblico nessun estratto perché c'è l'embargo dell'editore tedesco fino alla data di pubblicazione dei tre quaderni, prevista per il l3 marzo. Ma le assicuro che il mio primo impulso è stato di dimettermi dalla carica di vice presidente.
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«Dopo aver letto queste pagine sono rimasta sconvolta», dice la Di Cesare, mentre indica sul tavolo le bozze dei tre quaderni. «Non posso ovviamente rendere pubblico nessun estratto perché c'è l'embargo dell'editore tedesco fino alla data di pubblicazione dei tre quaderni, prevista per il l3 marzo. Ma le assicuro che il mio primo impulso è stato di dimettermi dalla carica di vice presidente».
  
Mentre la Di Cesare va a recuperare un suo libretto, sbircio tra quei fogli. Mi colpisce un'espressione: ''Weltjudentum'', "ebraismo mondiale". mondiale". Richiama scenari cupi, complotti internazionali, l'anticamera del peggior antisemitismo. Davvero Heidegger se ne macchiò in modo indeleblile? Per me quell'espressione è carica di minacce. Ed è inequivocabile sul piano del significato. E' come se individuasse un nemico sugli altri: l'ebreo. Agli ebrei egli imputa la bastardizzazione dei mondo  l'autoestranneazione dei popoli. Potremmo dire che, in negativo è il primo esempio di globalizzazione. L'argomentazione heideggeriana non si sviluppa però solo su un piano politico, ma assume anche contorni filosofici».
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Mentre la Di Cesare va a recuperare un suo libretto, sbircio tra quei fogli. Mi colpisce un'espressione: ''Weltjudentum'', "ebraismo mondiale". mondiale". Richiama scenari cupi, complotti internazionali, l'anticamera del peggior antisemitismo. Davvero Heidegger se ne macchiò in modo indeleblile? «Per me quell'espressione è carica di minacce. Ed è inequivocabile sul piano del significato. E' come se individuasse un nemico sugli altri: l'ebreo. Agli ebrei egli imputa la bastardizzazione dei mondo  l'autoestranneazione dei popoli. Potremmo dire che, in negativo è il primo esempio di globalizzazione. L'argomentazione heideggeriana non si sviluppa però solo su un piano politico, ma assume anche contorni filosofici».
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I ''Quaderni neri'' - l'immaginazione ci spinge a vederne i risvolti più inquietanti, sebbene ta dicitura sia dello stesso Heiddegger che lavorava su dei taccuini dalla co-pertina di quel colore - sono in tutto trentatré. A quanto pare due di essi sono andati perduti. Se ne conoscono le date: uno risale al 1931-32, l'altro al 1945-46. Con ogni evidenza appartengono a periodi cruciali della vita del filosofo e dei tedeschi. Da un lato, la Germania entra nel suo periodo nazista; dall'altro, sconfitta dalla guerra, ne esce con tutte le terribili conseguenze che sappiamo. Chi sono i responsabili? Sarebbe stato interessante gettare un occhio sui materiali scomparsi. Vedere cosa Heidegger pensasse all'inizio e alla fine di quella storia micidiale:  «Alla Klosterman sostengono che il filosofo prestò quei due quaderni e che non li riebbe mai più indietro. Hanno scritto perciò, nel loro sito, che se qualcuno ne fosse ancora in possesso è pregato di restituirli al figlio Hermann Heidegger. La cosa ha il sapore dello scherzo».
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Hermann - oggi ultranovantenne, figlio di Heidegger, ma che la moglie Elfride ebbe con un altro - è sempre stato un custode ortodosso delle opere del padre. Si spetta che quei due quaderni siano stati sfilati da qualche "manina santa". Perchlè "Non bisogna essere troppo svegli peri intuire che dentro con ogni probabilità, ci sono i pensieri più compromettenti del filosofo sulla questione ebraica.
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Naturalmente qui si cammina. sul ghiaccio. Ma c'è molto ferment nella ''Heidegger Gesellshaft'' che, non essendo la ''Spectre'', si interroga oggi su quanto di male stia accadendo. Nel frattempo il ruolo che era di Hermann, in qualità di membro familiare presente nella società filosofica, è stato preso dal figlio Arnulf. Un uomo, dice la Di Cesare, generoso e di grande libertà mentale. «Grazie a lui, alcuni
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di noi si sono resi conto che l'edizione delle opere complete di Heidegger presenta qualche manomissione. Sono state ad esempio eliminate alcune parole. La domanda è: perché superflue o perché compromettenti? Per ora ci limitiamo a questo».
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Mi chiedo chi potrebbe essere il "perversi filologo", o meglio il censore. E il pensiero corre a Hermann Heidegger, ai suoi celebri ''diktat editoriali''. «Non lo sappiamo», si si cautela la Di Cesare. Chiedo se dietro ''affaire'' non vi sia la ''longa manus'' di F. W. Von Herrmann, assistente di Heidegger, negli ultimi  anni, e curatore di parecchie opere. Anche qui cautela. Ma sembra sia stato proprio Von Herrmann a impedire la pubblicazione di questi sorprendenti ''Quaderni neri''. C'è un dettaglio rilevante, aggiunge la Di Cesare: «Heidegger in persona ha lasciato, tra le sue volontà testamentarie, l'indicazione che i ''Quaderni'' fossero pubblicati a compimento dell'edizione delle sue opere. Hermann Heidegger non si é mai pronunciato  circa l'esistenza di questo lascito. Nessuno fino alla primavera di quest'anno, ne sapeva nulla. Sono convinta che la loro pubblicazione non sarà un danno per l'immagine del filosofo. Li dentro ci sono moltissime cose
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pagine mi ha sconvolta"
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Dunque non solo un polemico attod d'accusa, ma anche una vertiginosa discesa nella sua filosofia, Spiega la Di Cesare: «Lo stile è diverso da quello che conosciamo. Di solito siamo abituati a leggere Heidegger attraverso i suoi saggi le sue lezioni. Dentro una prosa oscura e meticolosa. Qui, in gran parte, si tratta di riflessioni che
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vengono svolte con un andamento aforistico, quasi di impronta nicciana. Sono considerazioni prevalentemente filsofiche ma con una continua presa di posizione su questioni attuali, anche politiche. Sono convinta che i ''Quaderni Neri'' muteranno la visione che abbiamo di Heidegger.
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In bene? In male? Vediamo. Tonando alla spinosissima questione dell'antisemitismo c'è da aggiungere un particolare. Heidegger, secondo la Di Cesare, non parla mai degli ebrei come razza. Riporta quell'esperienza alla sua concezione metafisica, Quindi ne fa un problema filosofico.  Come va intesa questa affermazione? Si sa che Heidegger pose sullo stesso piano americanismo, bolscevismo e, da ultimo, lo stesso nazismo, come manifestazioni dell'epoca della tecnica. Anche l'ebraismo, chiedo, finisce nello stesso calderone? Risponde la Di Cesare: «Proprio alla luce della rilettura che fa della storia dell'Essere, notiarimo qui qualcosa di radicale e diverso, In alcune pagine dei    ''Quaderni'' parla di ''Entwurzelung'', di sradicarnento dell'Essere, e dice che questo "sradicamento" è imputabile agli ebrei. E' un'accusa metafisica. Non c'entrano niente
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il sangue e la razza». E allora? «L'idea che mi sono fatta è che accanto a una questione filosofica ci sia in heidegger una questione teologico-politica che non va sottovalutata. In fondo, leggendo Jacob Taubes e Carl Schmitt ci si accorge che le posizioni di Heidegger non erano poi così distanti. La cosa che interessava a tutti e tre era il lato messianico dell'ebraisimo».
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Ma lo declinano in modi diversi, replico. «E' vero, ma lo sfondo teologico-politico è il medesimo. Con questa precisazione. Quando Heidegger parla di sradicamento in realtà sta alludendo alla forza messianica, planetaria, dell'ebraismo e reagisce come farebbe ua conservatore della vecchia Europa. Ossia delineando uno scontro planetario (che del resto la guerra in qualche modo legittimava):da  un lato lo sradicamento, dall'altro la Germania - che lui identificava con l'Europa - che deve rispondere con la forza del ''Boden'' ossia del radicamento al suolo,
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alla terra, alla dissoluzione planetaria. I passi cuontenuti nei ''Quaderni'' mostrano una profonda intuizione del messianismo. Heidegger capisce tutto. Stando dalla parte sbagliata».
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Bisognerebbe, a questo punto, domandarsi cosa ha significato la lunga e perfino penosa reticenza da parte del filosofo nei riguardi di chi gli chiedeva una spiegazione delle mostruosità che erano accadute. Solo in un'occasione, per quel che ne so, Heidegger si pronunciò  alludendo ai campi di sterminio. Parlò della «fabbricazione dei cadaveri». Poi più nulla. Salvo accorgersi che in quelle sere passate nella sua "capanna'', i pensieri tornavano spesso su quel dramma. Quasi fosse un algido affresco dell'inferno. Dobbiamo essere indulgenti con un grande pensatore? Dobbiamo continuare a distinguere la sua filosofia dai suoi comportamenti? E' su questo che i
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''Quaderni Neri'' oggi ci interpellano. E quel lungo silenzio - che Derrida interpretò come la scelta di iu filosofo che non giudicava nessuna parola all'altezza di quella strage - andrebbe sciolto in una nuova consapevolezza. O quanto meno in una più evidente ragione sulle responsabilità della filosofia verso la politica.
  
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== [[Voci]] utilizzate nell'articolo ==
 
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Versione attuale delle 20:56, 2 nov 2015

Heidegger, l'ultimo segreto: i diari neri contro gli ebrei

Le posizioni antisemite dell'autore di "Essere e Tempo" svelate dai taccuini ancora inediti che Repubblica ha potuto vedere in anteprima


La Repubblica, 18 dicembre 2013


Antonio Gnoli


Un migliaio di pagine vedranno la luce nel marzo del prossimo anno: tre quaderni vergati da Martin Heidegger, di cui pochissimi conoscevano l'esistenza. E nei quali il filosofo professa a più riprese il proprio antisemitismo. Nel mondo degli studi filosofici, soprattutto tedesco, c'è molto sbalordimento. Il "Mago di Messkirch" (così era chiamato dai suoi studenti) per circa quarant'anni (dall'inizio degli anni Trenta al 1975, l'anno precedente alla sua morte) tenne una sua navigazione segreta, quasi quotidiana. Immaginate quest'uomo, piccolo, taciturno, duro, sospettoso come un contadino dell'Alta Svevia che, la sera nella sua baita di Todtnauberg, dava libero sfogo ai pensieri più nascosti, e avrete una vaga idea di come siano questi quaderni (in tutto nove) che Klosterman (editore delle opere complete) ha deciso di pubblicare. Sono molti gli interrogativi che queste pagine suscitano.

Vado ad affrontarli con la persona giusta: Donatella di Cesare, ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, autrice di libri sull'etica ebraica. Gadamer e contro il negazionismo. Il prossimo mese uscirà con un testo su Israele e la filosofia (per Bollati Boringhieri) e in primavera con Heidegger e la Shoah. Di Cesare è una singolare figura di studiosa: è membro della comunità ebraica di Roma e al tempo stesso vicepresidente dell' Heidegger Gesellshaft, la società filosofica che nel mondo raccoglie diverse centinaia di' studiosi. Del resto, non aveva avuto Heidegger stesso allievi ebrei? A cominciare da Hannah Arendt e poi Karl Lowith, Leo Strauss, Emmanuel Lévinas: pensatori che hanno beneficiato, anche se in maniera contrastata, delle riflessioni del maestro. Ma in questi quaderni la materia che scotta non riguarda tanto, o solamente, la questione, ormai annosa, dell'adesione al nazismo, quanto quella più esplosiva del presunto antisemitismo di Heidegger.

«Dopo aver letto queste pagine sono rimasta sconvolta», dice la Di Cesare, mentre indica sul tavolo le bozze dei tre quaderni. «Non posso ovviamente rendere pubblico nessun estratto perché c'è l'embargo dell'editore tedesco fino alla data di pubblicazione dei tre quaderni, prevista per il l3 marzo. Ma le assicuro che il mio primo impulso è stato di dimettermi dalla carica di vice presidente».

Mentre la Di Cesare va a recuperare un suo libretto, sbircio tra quei fogli. Mi colpisce un'espressione: Weltjudentum, "ebraismo mondiale". mondiale". Richiama scenari cupi, complotti internazionali, l'anticamera del peggior antisemitismo. Davvero Heidegger se ne macchiò in modo indeleblile? «Per me quell'espressione è carica di minacce. Ed è inequivocabile sul piano del significato. E' come se individuasse un nemico sugli altri: l'ebreo. Agli ebrei egli imputa la bastardizzazione dei mondo l'autoestranneazione dei popoli. Potremmo dire che, in negativo è il primo esempio di globalizzazione. L'argomentazione heideggeriana non si sviluppa però solo su un piano politico, ma assume anche contorni filosofici».

I Quaderni neri - l'immaginazione ci spinge a vederne i risvolti più inquietanti, sebbene ta dicitura sia dello stesso Heiddegger che lavorava su dei taccuini dalla co-pertina di quel colore - sono in tutto trentatré. A quanto pare due di essi sono andati perduti. Se ne conoscono le date: uno risale al 1931-32, l'altro al 1945-46. Con ogni evidenza appartengono a periodi cruciali della vita del filosofo e dei tedeschi. Da un lato, la Germania entra nel suo periodo nazista; dall'altro, sconfitta dalla guerra, ne esce con tutte le terribili conseguenze che sappiamo. Chi sono i responsabili? Sarebbe stato interessante gettare un occhio sui materiali scomparsi. Vedere cosa Heidegger pensasse all'inizio e alla fine di quella storia micidiale: «Alla Klosterman sostengono che il filosofo prestò quei due quaderni e che non li riebbe mai più indietro. Hanno scritto perciò, nel loro sito, che se qualcuno ne fosse ancora in possesso è pregato di restituirli al figlio Hermann Heidegger. La cosa ha il sapore dello scherzo».

Hermann - oggi ultranovantenne, figlio di Heidegger, ma che la moglie Elfride ebbe con un altro - è sempre stato un custode ortodosso delle opere del padre. Si spetta che quei due quaderni siano stati sfilati da qualche "manina santa". Perchlè "Non bisogna essere troppo svegli peri intuire che dentro con ogni probabilità, ci sono i pensieri più compromettenti del filosofo sulla questione ebraica.

Naturalmente qui si cammina. sul ghiaccio. Ma c'è molto ferment nella Heidegger Gesellshaft che, non essendo la Spectre, si interroga oggi su quanto di male stia accadendo. Nel frattempo il ruolo che era di Hermann, in qualità di membro familiare presente nella società filosofica, è stato preso dal figlio Arnulf. Un uomo, dice la Di Cesare, generoso e di grande libertà mentale. «Grazie a lui, alcuni


C'è l'espressione "Weltiudienturn" Richiama scenari cupi, complotti internazionali


di noi si sono resi conto che l'edizione delle opere complete di Heidegger presenta qualche manomissione. Sono state ad esempio eliminate alcune parole. La domanda è: perché superflue o perché compromettenti? Per ora ci limitiamo a questo».

Mi chiedo chi potrebbe essere il "perversi filologo", o meglio il censore. E il pensiero corre a Hermann Heidegger, ai suoi celebri diktat editoriali. «Non lo sappiamo», si si cautela la Di Cesare. Chiedo se dietro affaire non vi sia la longa manus di F. W. Von Herrmann, assistente di Heidegger, negli ultimi anni, e curatore di parecchie opere. Anche qui cautela. Ma sembra sia stato proprio Von Herrmann a impedire la pubblicazione di questi sorprendenti Quaderni neri. C'è un dettaglio rilevante, aggiunge la Di Cesare: «Heidegger in persona ha lasciato, tra le sue volontà testamentarie, l'indicazione che i Quaderni fossero pubblicati a compimento dell'edizione delle sue opere. Hermann Heidegger non si é mai pronunciato circa l'esistenza di questo lascito. Nessuno fino alla primavera di quest'anno, ne sapeva nulla. Sono convinta che la loro pubblicazione non sarà un danno per l'immagine del filosofo. Li dentro ci sono moltissime cose


La studiosa Di Cesare: "La lettura di quelle pagine mi ha sconvolta"


che chiariscono il suo pensiero».

Dunque non solo un polemico attod d'accusa, ma anche una vertiginosa discesa nella sua filosofia, Spiega la Di Cesare: «Lo stile è diverso da quello che conosciamo. Di solito siamo abituati a leggere Heidegger attraverso i suoi saggi le sue lezioni. Dentro una prosa oscura e meticolosa. Qui, in gran parte, si tratta di riflessioni che vengono svolte con un andamento aforistico, quasi di impronta nicciana. Sono considerazioni prevalentemente filsofiche ma con una continua presa di posizione su questioni attuali, anche politiche. Sono convinta che i Quaderni Neri muteranno la visione che abbiamo di Heidegger.

In bene? In male? Vediamo. Tonando alla spinosissima questione dell'antisemitismo c'è da aggiungere un particolare. Heidegger, secondo la Di Cesare, non parla mai degli ebrei come razza. Riporta quell'esperienza alla sua concezione metafisica, Quindi ne fa un problema filosofico. Come va intesa questa affermazione? Si sa che Heidegger pose sullo stesso piano americanismo, bolscevismo e, da ultimo, lo stesso nazismo, come manifestazioni dell'epoca della tecnica. Anche l'ebraismo, chiedo, finisce nello stesso calderone? Risponde la Di Cesare: «Proprio alla luce della rilettura che fa della storia dell'Essere, notiarimo qui qualcosa di radicale e diverso, In alcune pagine dei Quaderni parla di Entwurzelung, di sradicarnento dell'Essere, e dice che questo "sradicamento" è imputabile agli ebrei. E' un'accusa metafisica. Non c'entrano niente il sangue e la razza». E allora? «L'idea che mi sono fatta è che accanto a una questione filosofica ci sia in heidegger una questione teologico-politica che non va sottovalutata. In fondo, leggendo Jacob Taubes e Carl Schmitt ci si accorge che le posizioni di Heidegger non erano poi così distanti. La cosa che interessava a tutti e tre era il lato messianico dell'ebraisimo».

Ma lo declinano in modi diversi, replico. «E' vero, ma lo sfondo teologico-politico è il medesimo. Con questa precisazione. Quando Heidegger parla di sradicamento in realtà sta alludendo alla forza messianica, planetaria, dell'ebraismo e reagisce come farebbe ua conservatore della vecchia Europa. Ossia delineando uno scontro planetario (che del resto la guerra in qualche modo legittimava):da un lato lo sradicamento, dall'altro la Germania - che lui identificava con l'Europa - che deve rispondere con la forza del Boden ossia del radicamento al suolo, alla terra, alla dissoluzione planetaria. I passi cuontenuti nei Quaderni mostrano una profonda intuizione del messianismo. Heidegger capisce tutto. Stando dalla parte sbagliata».

Bisognerebbe, a questo punto, domandarsi cosa ha significato la lunga e perfino penosa reticenza da parte del filosofo nei riguardi di chi gli chiedeva una spiegazione delle mostruosità che erano accadute. Solo in un'occasione, per quel che ne so, Heidegger si pronunciò alludendo ai campi di sterminio. Parlò della «fabbricazione dei cadaveri». Poi più nulla. Salvo accorgersi che in quelle sere passate nella sua "capanna, i pensieri tornavano spesso su quel dramma. Quasi fosse un algido affresco dell'inferno. Dobbiamo essere indulgenti con un grande pensatore? Dobbiamo continuare a distinguere la sua filosofia dai suoi comportamenti? E' su questo che i Quaderni Neri oggi ci interpellano. E quel lungo silenzio - che Derrida interpretò come la scelta di iu filosofo che non giudicava nessuna parola all'altezza di quella strage - andrebbe sciolto in una nuova consapevolezza. O quanto meno in una più evidente ragione sulle responsabilità della filosofia verso la politica.


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