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Il nazismo filosofico di Heidegger

Avvenire, 13 novembre 2014


Edoardo Castagna


«La questione riguardante il ruolo dell'ebraismo mondiale [Weltjudentum] non è una questone razziale, bensì è la questione metafisica su quella specie di umanità che, essendo per eccellenza svincolata, potrà fare dello sradicamento di ogni ente dall'essere il proprio "compito" nella storia del mondo». Basterebbe questo passo dei Quaderni neri del 1939-1941 per chiarire come il problema dell'antisemitismo di Heidegger investa di petto il cuore della sua riflessione filosofica, e non possa essere limitato a "effetto collaterale" della sua adesione politica al nazismo. Ma anche come si giocasse su una sorta di sibillina ambiguità, che rende difficile discernere tra teorizzazione filosofica e razzismo individuale. Il dibattito sui rapporti tra Heidegger, il nazismo e l'antisemitismo è una presenza costante e ricorrente della storia del pensiero novecentesco, dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi, e la pubblicazione nei mesi scorsi in Germania di alcuni Quaderni neri (Klostermann) - gli appunti del filosofo redatti per gran parte della sua vita, ed espressamente destinati alla pubblicazione post mortem - ha riacceso le polemiche.

Colpevolisti contro innocentisti, ancora una volta: uno schema dal quale cerca di staccarsi Donatella Di Cesare -filosofa alla Sapienza di Roma e vicepresidente della Società Heideggeriana - nel suo nuovo saggio Heidegger e gli ebrei. I "Quaderni neri".


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