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Heidegger gli ebrai si sono «autoannientati»

Inedite note choc dei «Quaderni neri» riaprono il dibattito sull'antisemitismo del filosofo tedesco


Il Mttino, 9 febbraio 2015


Guido Caserza



La sua adesione al nazionalsocialismo è fatto universalmente noto, certificato nel 1933, l'anno in cui Martin Heidegger diventò rettore dell'università di Friburgo.

Per anni si è però sussurrato del presunto antisemitismo del grande filosofo, un segreto racchiuso in 34 quaderni rilegati con tela cerata nera che Heidegger consegnò al figlio. Un segreto parzialmente svelato qualche mese fa, quando sono stati pubblicati gli Schwarze Hefte, in Italia inclusi nel volume curato da Donatella Di Cesare Heidegger e gli ebrei. I Quaderni neri (ed. Bollati Boringhieri).

E ora la svolta: non solo Heidegger sarebbe stato antisemita ma avrebbe giudicato gli ebrei responsabili del proprio sterminio, un destino necessario per il compimento dell'Essere. È quanto affiora dalla lettura di alcune note risalenti al periodo 1942-1948 recentemente ritrovate e che saranno pubblicate in Germania in un volume curato da Peter Travvny per l'editore Klostermann.

C'è una terrificante parola chiave in queste note, ed è selb stvernichtung, autoannientamento; terrificante, perché avalla filosoficamente il concetto che nessuno può essere ritenuto colpevole dell'Olocausto, se non gli stessi ebrei.

Secondo Heidegger, la Shoah avrebbe un ruolo decisivo nella storia dell'Essere perché coinciderebbe con il «sommo compimento della tecnica» che, dopo aver consumato ogni cosa, distrugge infine se stessa: la Shoah avrebbe dunque reso possibile la «purificazione dell'Essere», ovvero il compimento del destino dell'Occidente. E gli artefici di tale purificazione sarebbero stati gli stessi ebrei, in quanto motore del «progresso della tecnica».

Possibile dunque, alla luce di questi nuovi quaderni, giudicare Heidegger un apologeta dello sterminio? Secondo il filosofo Gianni Vattimo no, poiché «in queste pagine non ci sono ragioni sufficienti per pensare che lo fosse». Sarà, ma resta quella spaventosa parola: utoannientamento. «Un'espressione che fa rabbrividire» prosegue Vattimo, «ma che gli ebrei siano un popolo che si identifica con la metafisica è una sciocchezza: è come se Heidegger si fosse assoggettato a una opinione corrente che non ha nessun senso per quelli che studiano la sua opera. Non ho letto queste sue note, ma sono convinto che le sue dottrine di qui c'entrino poco o niente. Si può spiegare come una caduta etica che non inficia la sua dottrina di base sulla modernità».

Continueremo dunque a parlare di una adesione temporanea al nazismo non collegata ai temi centrali del pensiero heideggeriano? Di un antisemitismo puramente teorico? Nel 1995 Edoardo Sanguineti, in un convegno su «Filosofia e ideologia», parlò della filosofia di Heidegger come intrinsecamente nazista e antisemita rivelando puntualmente i punti di ancoraggio filosofici della sua adesione al nazismo. Una posizione che non trova d'accordo il decano dei filosofi italiani, Emanuele Severino, secondo il quale «coinvolgere tutta la filosofia di Heidegger alla luce di questa nuova vicenda non è un'operazione persuasiva». Eppu-re, secondo Di Cesare la questione del nazismo e dell'antisemitismo heideggeriani può ora considerarsi chiusa con l'evidente implicazione dei due termini.

«Nient' affatto», puntualizza Severino, «perché l'implicazione tra questione

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