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L’amore interrotto di Martin e Hannah
Il Riformista 27 febbraio 2010
Giuseppe Cantarano
In una lettera del 21 marzo 1925, il trentacin-quenne professor Martin Heidegger – sposato e pa-dre di due bambini – inizia a scrivere all’allieva ap- pena diciottenne Hannah Arendt vibranti lettere d’a-more. Infarcite di frasi romantiche come queste:«Quando la bufera sibila intorno alla baita di Todtnauberg, mi viene in mente la “nostra tempesta” …e solo allora capisco che la vita è storia ». Il maestro e l’allieva ebrea tedesca si erano incontrati per la pri-ma volta l’anno precedente. Quando Hannah si era iscritta all’Università di Marburg. E aveva inco-minciato a frequentare le lezioni del professore. Da allora, tra il maestro e l’allieva, nacque una storia d’amore così intensa che sarebbe durata mezzo se-colo. Malgrado gli anni dell’esilio americano diHannah. Nel corso dei quali tra i due si scavò un ine-splicabile silenzio.
Probabilmente Hannah Arendt, per il filosofo di Essere e Tempo, è stata la sola, vera e «forte passio-ne della sua vita». É per questo che la loro relazio-ne – riflessa in una lunga corrispondenza epistola-re interrotta nel 1933 e ripresa nel 1950 – risulta pre-ziosa. Perché il “filosofo della Foresta Nera”, men-tre nel suo volto pubblico appariva a tratti quasi ane-stetico, gelidamente analitico, chiuso nelle sue lon-tane, ombrose astrazioni concettuali, nelle lettere al-la sua amante, invece, mette a nudo le sue più profonde emozioni. Del tutto assenti nelle sue ope-re filosofiche. Mette a nudo quel vortice, quella tem- pesta di emozioni che esprime con toni romantici. Non privi, peraltro, di quei cliché – talvolta cara-mellosi e perfino stucchevoli – che non possono mancare in qualunque frasario amoroso. Compre-so il suo, naturalmente.
Ebbene, la venatura romantica che sotterranea-mente attraversa il suo freddo e austero pensiero, ol-tre a contrassegnare il suo legame sentimentale con Hannah Arendt, potrebbe spiegare anche il motivo per cui è stato sedotto dal titanismo nazista. E dalle sue tenebrose mitologie palingenetiche. Mai del tut-to ripudiate, del resto. Insomma, se non possiamo prescindere dalla sua filosofia per comprendere le cause del suo coinvolgimento nel nazismo, è altret-tanto importante conoscere la sua vita emotiva. Il sottosuolo dei suoi sentimenti. Delle sue passioni. Abilmente dissimulato, quel sottosuolo, nelle sueopere filosofiche. Ed è importante non solo per ri- percorrere le vicende sentimentali vissute con Han-nah Arendt. Ma per provare a capire il gorgo impe-tuoso che ha trascinato Heidegger dentro le tempe-ste d’acciaio delle oscure e mortifere cosmogonienaziste.
Ci ha provato Pio Colonnello a mettere in cor-relazione le emozioni e la politica. Hannah e il Fü-rer. L’amore e il nazionalsocialismo in questo suo libro (Martin Heidegger e Hannah Arendt. Lettera mai scritta). In cui ha tentato di riempire, con le sue parole, quel silenzio epistolare inquietante e imba-razzante. Infatti, quando il filosofo nel 1950 ripren-derà a scrivere alla sua amata Hannah, non avverte il bisogno di fornire qualche straccio di resoconto degli anni della loro separazione. Del loro silenzio. Nemmeno un fuggevole accenno sulla catastrofe appena consumata.
Mediante l’espediente letterario di una fanto-matica lettera. Casualmente rinvenuta tra ingiallitilibri di una biblioteca. Una finta lettera che Heideg-ger avrebbe potuto scrivere ad Hannah Arendt nelfebbraio del 1951. Ma che non avrebbe avuto forseil coraggio di spedire. Una lettera nella quale – in ungioco letterario non immune da forzature filologiche – Colonnello “colma” a suo modo quel lungo inter-vallo sentimentale. Ed epistolare. Mostrando nonsolo l’intransitabile lontananza che separa, in gene-rale, l’astrazione della filosofia dalla concretezzadella vita. Ma suggerendoci che, quasi sempre, èl’indistricabile groviglio delle passioni ad indurre gliesseri umani alle decisioni. Non solo quelle di na-tura sentimentale. Ma anche quelle politiche