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Da Libro bianco.

Heidegger essere e colpa

Perchè bisogna dire no a una «Norimberga filosofica»

Avvenire, 15 febbraio 2015


Ilario Bertoletti



La discussione in corso sull'antisemitismo e Heidegger - alla luce dei Quaderni neri in corso di pubblicazione in Germania - ha portato la stu- diosa Donatella Di Cesare in un puntuale libro pubblicato da Bollati Boringhieri e in vari articoli recenti sul Corriere della sera ad affermare che in gioco sono tre questioni: una rivisitazione del pensiero di Heidegger, alla luce dell'antisemitismo metafisico che emerge da queste pagine; la necessità di ripensare l'essenza filosofica della Shoah; la necessità di una «storia dell'antisemitismo nella fi- losofia che attende ancora di essere scritta».

Partiamo da quest'ultima osservazione: in realtà questa storia è già in parte stata scritta, per il periodo che va da Kant ai critici di Hegel, da uno storico della filosofia, Francesco Tomasoni, in un volume del 1999 (La modernità e il fine della storia. Il dibattito sull'ebraismo da Kant ai giovani hegeliani, Morcelliana), subito tradotto in inglese con successo da Kluwer. Un libro dove, con finezza, l'autore mostra come l'antigiudaismo, e il possibile esito antisemita, in questi filosofi sia alcunché di complesso: l'immagine che il giovane Hegel ha dell'e-braismo non è la medesima che v'è nelle tarde lezioni berlinesi. È un antigiudaismo filosofico, e non razziale. In Marx l'antigiudaismo fa tutt'uno con una prospettiva emancipatrice per gli stessi ebrei - che devono superare politicamente la loro separatezza. Il che mostra come l'antigiudaismo abbia radice profonde nella filosofia, e sfaccettature diverse.

Passiamo al secondo punto, vale a dire la domanda se fino ad oggi non sia stata pensata l'essenza filoso-fica e teologica della Shoah. Ma le opere di Adorno cosa sono se non una riflessione su questa essenza inscritta, per lui, nella storia stessa della razionalità occidentale Per non dire del coté teologico, anche solo cristiano, della questione: le opere di Iurgen Moltmann e Johannes Baptist Metz, pubblicate in Italia da Queriniana, non sono un prender sul serio questa cesura nella storia dell'alleanza di Dio con il popolo ebraico? Basti qui il rimando agli studi di Massimo Giuliani sulla ricezione della Shoah nel cristianesimo e nell'ebraismo, o anche alla lezione di Paolo De Benedetti.

Per finire, la questione Heidegger e i Quaderni neri, sulla quale sono da vedere le sobrie pagine di Adriano Fabris (I «Quaderni neri» di Heidegger, Ets), e di Vincenzo Costa (Heidegger, La Scuola). Che questi Quaderni facciano emergere il lato urticante del suo antigiudaismo metafisico, è una conferma, direbbe Adorno, del suo carattere risentito e piccolo-borghese, da provincia del Sud della Germania. Ma davvero come ha per ultimo sostenuto in modo chiarificante Emanuele Severino, il pensiero filosofico di Heidegger - racchiuso in opere quali Essere e Tempo, Nietzsche, In cammino verso il linguaggio - è riducibile alle miserie psicologiche, per quanto ributtanti, del suo io empirico? Il testo filosofico ha la sua verità indipendentemente dal vissuto esistenziale di un autore. Altrimenti, la censura verso Heidegger andrebbe estesa - sia pur con una gradazione inferiore? - ai testi di Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Marx... Ma la verità di un testo filosofico non sta nei suoi effetti?

In tal senso, se non si vuole indire una sorta di "Norimberga filosofica" si dovrebbe riflettere sulle testimonianze di quei partigiani atifascisti. Pietro Chiodi, partigiano e primo traduttore italiano di Heidegger, raccontava questo aneddoto: arrestato da un comando nazista e interrogato da un ufficiale su che lavoro facesse, rispose: «Traduco dal tedesco». «Cosa traduce?», chiese l'ufficiale. «Heidegger», rispose Chiodi. «Certamente un comunista», chiosò l'ufficiale. René Char, grande poeta francese e partigiano antinazista, fu il primo in Francia a invitare Heidegger a tenere seminari nel dopoguerra, quando Heidegger era bandito dalle università tedesche per il suo passato nazista.

Questo non significa che non si debbano e possano mostrare le contraddizioni del pensiero di Heidegger. Ma per dire che, per nostra fortuna, la verità dei testi filosofici trascende le pur tremende banalità umane - il male commesso - dei pensatori. Proprio perchè lo spirito soffia dove vuole. E anche quello della filosofia talvolta ispira anche individui moralmente riprovevoli, riscattando, nel cielo del pensiero, quella che è la giusta condanna teologica all'inferno.

Romano Guardini, nel 1945, di fronte alla richiesta di subentrare ad Heidegger sulla cattedra di Friburgo, declinò l'invito così motivandolo: da grande teologo non se la sentiva di sostituire quello che, pur nel radicale dissenso, reputava un grande pensatore.

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